“balenò breve suono di musica, un tratto/ inudita come fossi
in sonno/ di me uscii senza più traccia alcuna/ d’essenza ma solo vago
malessere/ che poco disturbava le mie membra/ appese a più parole ben capite/
schematizzate e razionali in mente./ Vuoto./ […]” – “Ipermnesia”
“Arbor Mirabilis”
è un libro che vuole spingersi oltre la raccolta di versi. L’autore, Savino Carone, costruisce un
particolare percorso interiore, cercando
di ricostruire il vissuto personale e le occasioni letterarie che si
prospettano all’uomo.
Il libro è stato pubblicato con la casa editrice Rupe Mutevole Edizioni, ed è suddiviso
in sette parti. Savino, con “Arbor
Mirabilis” esce dalla nicchia poetica più tradizionale per miscelare il suo
lavoro di versi editi ed inediti, di prose emozionali e tecniche.
Savino Carone si
racconta ai nostri lettori. Buona lettura!
A.M.: Ciao
Savino, ti ringrazio per aver accettato questa mia intervista. Curiosando sul
tuo passato, mi piacerebbe sapere quando hai iniziato a scrivere e quali sono
stati gli scrittori che ti hanno, in qualche modo, alimentato la fantasia.
Savino Carone: Buon
giorno Alessia, ringrazio te ed Oubliette Magazine per questa opportunità di
far conoscere meglio il mio lavoro. Onestamente, se dovessi elencare gli
scrittori che, tu dici, potrebbero aver alimentato la mia “fantasia”, non
potrei, perché sono davvero un numero innumere, a cominciare dalla “Serie Malese” di Salgari
che lessi per intero all’età di 12 anni. Ma un momento di svolta c’è stato,
soprattutto gli ultimi anni di liceo, quando con i soliti amici, curiosi quanto
me, ci siamo imbattuti nei poeti francesi cosiddetti “Modì”, uno su tutti;
Charles Baudelaire con i suoi “Fiori del Male”; fu davvero quello un momento di
“passaggio”, passaggio dalla lettura di
curiosità indistinta alla lettura di comprensione e partecipazione. La
comprensione che, in una poesia, qualsiasi sia il suo tema, ciò che inaspettatamente
la rende attuale, nonostante non sia legata al proprio vissuto, è la perfetta
armonia tra parole e suono, che ricrea, inaspettatamente, stati d’animo che non
ci saremmo aspettati di trovare, che colpiscono come “flash” , come “Dèjà vu”,
sorprendentemente. E non accade solo con Baudelaire ma anche con Rimbaud, che,
se pure più prosastico, la sua lettura immerge in un sogno di giovinezza senza
freni, avventurosa; potrei fare altri
esempi, Lautreamont, Verlaine, tutta una generazione (più o meno) grandemente
innovativa, sia per il modo di fare poesia, classico ma sovversivo sia per i
comportamenti umani, contrari a qualsiasi disciplina borghese dell’epoca. Altro
fulmine, non proprio a ciel sereno, la traduzione di Fernanda Pivano dei nuovi
giovani poeti americani, che, nel loro Manifesto, Juke Box all’Idrogeno, mettono
in discussione un’altra volta la prosodia, la certezza classica degli
endecasillabi accentati in 3°, 6° e 10°, ma riprendono la prosa giornalistica
dei Tabloid americani, così distanti dalla nostra cultura, ma crudi e permeati
di valori ideali e sociologici con un mix di inserimenti, si legga “Kaddish” di
Ginsberg, antica preghiera ebraica per i morti. Insomma, la via della poesia è
infinita e non mi dilungo oltre, anche se avrei qualcosa da dire sul “Gruppo
63” e sul decostruttivismo, sul Minimalismo, ecc.
A.M.: “Arbor
Mirabilis”, un titolo che colpisce e proietta nell’immaginifico. Come nasce
l’idea di queste poesie in forma di romanzo?
Savino Carone: Prima
di accennare ad “Arbor Mirabilis”, l’ultimo mio lavoro edito per la casa
editrice Rupe Mutevole, vorrei fare alcune precisazioni: negli anni, l’ultima
pubblicazione in ordine di tempo è stata la silloge “La Coda del Logos” e la
più vecchia “Luna di Sale”. Nell’arco diciamo a soldoni, di una quindicina
d’anni, l’acquisto e la conseguente lettura di poesia, come genere letterario,
è andato scemando, di pari passo con le riviste cartacee che se ne occupavano,
l’ultima delle quali, “451” che comprendeva anche un estratto in tempo reale
del “New Yorker”, ha fatto anche lei i bagagli e da cartacea che era, si è
trasferita sul web. Cosa significa? Che anche le riviste di prestigio non hanno
un sufficiente numero di abbonati o compratori per poter sopravvivere. A
maggior ragione, la poesia, oltretutto, vittima delle vicende alterne di
rubriche presenti su quotidiani ad alta tiratura nazionale, è difficilmente
confortata da un parere competente, inabissatasi, ormai, la nostra Musa, verso
un aspetto minore e desueto del nostro panorama letterario. Dunque, prima di
editare un’altra cosa, che tra l’altro stavo rimaneggiando da più di un anno,
ho riflettuto se valesse la pena, visto che miei amici più prossimi avevano già
avuto modo di vedere e valutare il lavoro. Dunque ho pensato di non fare la
solita raccolta, ma qualcosa di più simile ad
un percorso, mutuando il modo dal Jazz Fusion, alla Miles Davis, cioè,
per farla breve, come Davis rimpasta tutto quello che è venuto prima di lui,
dal punto di vista jazzistico traendone delle nuove sonorità, così il mio
lavoro segue un “fil rouge”, un continuum che è la “Ballata del Vecchio
Marinaio”, nella quale si innestano miei scritti, poesie ed altro, vecchi e
nuovi, legati a suggestioni di autori diversi e che rappresentano ognuno una
tensione ideale e/o momentanea e che sono le pietre angolari dell’edificio che
ho costruito. Spesso ho avuto il dubbio che avessi potuto raffinare ancora di
più l’insieme degli scritti, correndo però il rischio di una incomprensibilità
totale, cosa, che, per altro, potrebbe essermi già riuscita nonostante abbia
cercato di evitarla. Dunque un nuovo modo di scrivere poesia che oltre il
risultato finale, cioè la poesia in se, fornisce anche una chiave di
interpretazione delle suggestioni che l’autore ha assimilato e filtrato prima
dell’uscita del prodotto finito. In quanto al titolo: “Arbor Mirabilis”,
scaturisce dal titolo originale si un singolare manuale di alchimia del’500,
nel quale mi sono imbattuto leggendo la vita(apocrifa) di Nostradamus; dunque
questo libro, mi sono documentato, esiste veramente ed è tuttora indecifrato,
non solo, espone disegni di piante officinali non presenti in natura, destando
tuttora lo sgomento degli appassionati di questioni esoteriche e, in genere, di
tutti coloro che si cimentano in codici o lingue sconosciute.
A.M.: Sono
passati alcuni mesi dalla pubblicazione, non posso non farti una domanda
piccante. Cambieresti qualcosa del libro se potessi tornare indietro?
Savino Carone: Non so
se cambierei qualcosa nel libro, potendo tornare indietro, perché è un
tentativo sperimentale di introdurre il lettore nell’animo di chi scrive
poesie, quali sono le sue ragioni o quali le momentanee suggestioni; per
raggiungere lo scopo ho lasciato che la metrica dei componimenti in poesia
fosse un po’ “sgrammaticata”, nel senso che il conteggio delle sillabe è stato
sacrificato alla musicalità delle composizioni, alla più semplice fruibilità
delle suggestioni. Certo, potevo fare di più, ma non ho voluto esagerare: già
porre una raccolta di versi in un labirinto psico-semantico, è un problema,
specialmente per coloro che sono abituati a leggere la poesia in forma di
raccolta di versi, pura e semplice.
A.M.: Tastiera o
penna?
Savino Carone: Tastiera
o penna? Sembra una risposta facile ma non lo è. Io, per inveterata abitudine
sono incline ad appuntarmi le idee, i pensieri, le impressioni su qualsiasi
foglio di carta che abbia a portata di mano, quindi a penna, a matita, con quel che capita, e capita anche, talvolta,
che i foglietti eterogenei che ho sparsi per le tasche, vadano in lavatrice
insieme agli indumenti che li contengono, non spesso, ma succede. Quel
materiale è perduto, ma non irrimediabilmente, qualcosa in me resta e
naturalmente quel che ricordo lo riscrivo. Per la prima stesura, la tastiera è
indispensabile per la facilità di correzione, lo stesso dicasi per la
seconda. Alcuni audaci colleghi, ho
saputo di recente, si esercitano con dei torchi a mano, tirando poche copie ma
impreziosite dalla carta e dalla bella lucentezza dei caratteri. Ma queste cose
non fanno per me. Non mi ritengo uno stampatore ma un poeta.
A.M.: Hai un
sogno nel cassetto che vorresti esaudire? Vuoi condividerlo con noi?
Savino Carone: Sogni
nel cassetto? Vediamo, quale dei cassetti? Vorrei dipingere, avrei voluto fare
l’Artistico invece del Classico; suonare da virtuoso uno strumento, qualsiasi,
anche il triangolo. Amo la musica, è la mia terza o quarta passione.
A.M.: Come ti
trovi con la casa editrice Rupe Mutevole Edizioni? La consiglieresti?
Savino Carone: La
Casa Editrice Rupe Mutevole è stata, dopo alcune iniziali diffidenze, una
magnifica sorpresa nel mondo sempre più confuso dell’editoria, in particolar
modo l’ottimo rapporto che ho instaurato con tutta la struttura ed in special
modo con Cristina Del Torchio, mi ha dato la fiducia di cui avevo bisogno per
lanciarmi in questa nuova forma di composizione letteraria; essere compreso e
supportato, in questi casi, quando si offre una novità che suscita dubbi
persino nell’autore, è una cosa di grande importanza.
A.M.: Hai qualche
novità per il 2015? Puoi anticiparci qualcosa?
Savino Carone: Qualcosa
c’è che bolle in pentola ma non credo per il 2015, sono tra l’altro indeciso se
del “Plot” che sto rigirando e l’argomento di cui tratta sia più adatto ad un
romanzo breve o ad una commedia teatrale. Comunque qualcosa bolle in pentola,
oltre, è bene essere chiari, la poesia che non ho abbandonato ma continuo a
coltivare nel mio orticello…
A.M.: Salutaci
con una citazione…
Savino Carone: Gentile
Alessia, mi inviti a salutare con una citazione: questa è la mia preferita,
come molti sanno, “Carmina non dant panem”,
frase che qualcuno attribuisce al Petrarca ma che, a mio parere, sia da
attribuire a Marco Tullio Cicerone. Grazie per aver voluto approfondire così
garbatamente sia le mie radici, diciamo così, culturali, sia il mio lavoro, sia
i miei lavori a venire. Speriamo di
risentirci e magari scrivere qualche altra cosa per chi si interessa alle
problematiche che ho in queste righe esposto per sommi capi.
Too meet again soon,
un caro saluto, Savino Carone, dall’Isola d’Elba.
A.M.: Savino
grazie per questa condivisione, è stato molto interessante fare un salto nella
tua vita e nelle tue passioni. Ora posso dire di conoscerti un po’ di più e
spero che anche qualche nostro lettore sia dello stesso parere. Buon 2015!
Per pubblicare con Rupe Mutevole Edizioni invia un'e-mail
(info@rupemutevole.it) alla redazione inviando il tuo inedito, se vuoi
pubblicare nella collana "Trasfigurazioni" con la collaborazione di
Oubliette Magazine invia ad: alessia.mocci@hotmail.it
Written by Alessia Mocci
Addetta stampa (alessia.mocci@hotmail.it)
Info
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