Intervista di Alessia Mocci a Federico Li Calzi, autore del romanzo Nove periodico
“Diceva Oscar Wilde
nel suo capolavoro, ‘Il Ritratto di Dorian Gray’, che: “nella vita il vero
peccato è fermarsi di crescere”. Uno scrittore, nella sua carriera, scrive più
libri proprio perché matura insieme alle sue opere e perché cambiano le
esigenze, le condizioni, le emozioni, l’occhio sul mondo in generale; e queste
variabili dettano l’esigenza di una nuova pubblicazione e di una nuova
esperienza.”
Una considerazione
difficile da contraddire: lo scrittore deve crescere, continuare a
scoprirsi, ingannare il tempo con nuovi studi perché il mondo e la società
continuano la loro corsa in modo naturale, e così naturalmente anche lo
scrittore deve aver esigenza di novità.
Federico Li Calzi,
conosciuto come il Poeta di Canicattì, ha pubblicato il suo terzo libro,
non una silloge poetica come ci si aspettava, bensì un romanzo ambientato nella
sua Sicilia.
“Nove Periodico”,
edito per Tra@art, è la storia di Mauro, un uomo che dopo anni di
lontananza sente la necessità di tornare in patria. Un’esigenza che ricorda la
poetica del fanciullino e l’amore verso il luogo natio tanto caro ai maggiori
poeti italiani.
L’autore Federico Li
Calzi è stato molto disponibile nel rispondere ad alcune domande sulla sua
novità editoriale. Buona lettura!
A.M.: Ciao
Federico, è un piacere incontrarci per una nuova intervista e per parlare un
po’ della tua nuova pubblicazione. Se non ricordo male, ci siamo conosciuti con
la tua prima silloge “Poetica Coazione”. A distanza di anni cambieresti
qualcosa di quelle intense poesie che hanno segnato una possibile via
letteraria?
Federico Li Calzi: Ciao Alessia,
il piacere è mio e sono gratificato che la mia attività letteraria, dopo anni,
continui a suscitare interesse. Un’opera, per chi l’ha compiuta, rappresenta lo
spaccato di quel tempo e racchiude l’anima, tutta l’esperienza e ciò che in
quel momento è lo stile dell’artista. Con gli anni la materia verbale
dell’autore, inevitabilmente, cambia, perché in tutto c’è, e deve esserci, una
evoluzione e trasformazione (ma non stravolgimento) che distrugge lo stile di
scrittura precedente e ne riforma un altro, sulle basi e le tecniche del
passato: nuovo, rigenerato, ma cosciente e padrone del vecchio stile, la così
detta “mano fatta”. Un’artista ha l’obbligo spirituale di continuare la sua
corsa evolutiva per crescere nel tempo. Diceva Oscar Wilde nel suo capolavoro,
‘Il Ritratto di Dorian Gray’, che: “nella vita il vero peccato è fermarsi di
crescere”. Uno scrittore, nella sua carriera, scrive più libri proprio perché
matura insieme alle sue opere e perché cambiano le esigenze, le condizioni, le
emozioni, l’occhio sul mondo in generale; e queste variabili dettano l’esigenza
di una nuova pubblicazione e di una nuova esperienza. In definitiva, per
rispondere alla tua domanda, “Poetica Coazione” rappresenta la stratigrafia del
mio passato, come artista/scrittore, che scandaglia le emozioni e le idee di
quel momento e che ho voluto congelare e consegnare, con una pubblicazione,
all’umanità. Quindi non soltanto non cambierei nulla di quel volume ma, per
come in intendo l’arte, non sarebbe nemmeno giusto.
A.M.: “Dittologie
congelate”, la tua seconda silloge, continua il discorso di “Poetica Coazione”,
ma presenta una struttura del verso più articolata. Un’evoluzione della prima
raccolta?
Federico Li Calzi: Come
ho già detto, ogni libro racchiude una nuova esperienza che si risolve in un
nuovo stile di scrittura ed in una nuova evoluzione dello stile.
A.M.: Ed ora la
tua nuova pubblicazione non è una silloge poetica bensì un romanzo “Nove
periodico”. Quando e come è nata l’idea di scrivere in prosa?
Federico Li Calzi: Ogni
autore, che non sia un poveretto, prima di scrivere un romanzo si pone dei
quesiti, sullo stile da usare, sul ritmo, sul genere (se scrivere, quindi, un
romanzo storico, di denuncia sociale, poliziesco, malavitoso, d’amore,
d’amicizia), anche sulla nuova realtà che questa storia deve portare alla luce
e sulle regole che lo scrittore possiede e che s’impone di rispettare nello
svolgimento testuale, così da crearsi mentalmente, ed a livello concettuale,
uno schema: un progetto, per avere chiaro il quadro come iniziare la
costruzione della scrittura e dove porre la parola fine. Personalmente, all’inizio,
sapevo soltanto che avevo dei blocchi di realtà e vita vissuta, per me
preziosi, da raccontare, da esporre, ma non capivo bene come incastonarli e
connetterli fra loro, nella vicenda da narrare, per farli funzionare. Alla fine
ho fatto chiarezza, ho preso coscienza del mio passato e sono riuscito a
possedere la mia storia. Ho capito che la realtà nuova da raccontare, e che
sicuramente nessuno poteva conoscere meglio di me, era la mia vita; partendo
proprio dai primissimi ricordi della mia infanzia; quindi i cambiamenti e le
metamorfosi socio/economiche e culturali che si avvicendavano e avvenivano in
Sicilia nei primi anni Ottanta, con il benessere e le tecnologie (che ho
vissuto in prima persona) e come queste mutazioni venivano recepite da quella
società e mentalità contadina e, perché no, raccontare, anche attraverso la
fantasia, elemento fondamentale della creatività, le aspirazioni dell’autore.
L’idea è stata quella, allora, di creare un personaggio che nel romanzo renda
possibile quello che nella realtà non è stato e che sono rimasti solamente dei
sogni, cioè diventare un musicista di successo. Questo personaggio è di fatto
lo sdoppiamento dell’autore: Mauro per metà e, per l’altra metà, l’amico Ntonio
(queste due figure sono le due facce della stessa medaglia), ma in parte, e non
in maniera marginale, anche del ragazzino Luca, figlio di Ntonio. I due
personaggi si completano a vicenda, Ntonio è colui che da ragazzo insegna molte
cose a Mauro. Mauro è colui che va alla ricerca profonda della verità e delle
cose, che ha imparato dall’amico, senza mai fermarsi (neanche quando fa male),
lezione, questa, che gli darà, come si vedrà alla fine del romanzo, quando
Ntonio non trova più il coraggio di agire e di affrontare i problemi e Mauro,
invece, è determinato ad andare fino in fondo, alla ricerca della verità. In
definitiva, Mauro metterà in atto tutto ciò che l’amico Ntonio gli ha
insegnato. Così ho fatto partire il romanzo dal momento in cui Mauro ritorna al
suo paese Canicattì. Ciò nello svolgimento della narrazione, oltre ad essere un
momento suggestivo, mi ha dato dei vantaggi, come avere la possibilità di
muovermi a livello temporale sul piano del presente ma anche sul piano del
passato. Credo inoltre che nell’excurrere testuale è facile notare come il
“romanzo sia costruito su diversi livelli che interessano sia la forma che il
contenuto” (L. Carrubba), o meglio contemporaneamente vengono raccontate più
storie che si stratificano in una minuzia di particolari ma che vanno a
confluire tutti sul personaggio Mauro. Luca, peraltro come esempio già citato,
è un altro momento iniziale della narrazione, o meglio la storia di questo
bambino, che si svolge nella campagna che, non a caso, coincide perfettamente
con la storia di Mauro, va a colmare proprio quella parte di vissuto mancante
del protagonista attraverso le
sensazioni, le idee, le speranze, le aspirazioni di questo bambino.
A.M.: Nuccio Mula
ed Enrico Testa sono due nomi confermati in “Nove periodico”. Come nasce questa
profonda collaborazione ed amicizia letteraria che vi lega?
Federico Li Calzi: La
collaborazione nasce nel 2009 quando Nuccio Mula, dopo aver letto le prime
poesie sparse, che sarebbero poi divenute il corpo di “Poetica Coazione”, mi
diede la spinta finale verso la pubblicazione. Devo molto al Prof. Mula, è
stato lui a darmi fiducia e determinazione. Il libro che nacque da questo
connubio (Poetica Coazione) fu accolto e recensito da Enrico Testa che si
pronunciò positivamente sull’opera, da qui iniziò un rapporto di stima che ci
lega ancora oggi. Voglio ricordare, inoltre, che sia Nuccio Mula che Enrico
Testa sono stati presenti, a settembre del 2014, per la prima presentazione
ufficiale a Canicattì di Nove Periodico, ciò a testimonianza del supporto
culturale e affettivo che mi riservano.
A.M.: La
copertina firmata da Gianfranco Gallo rappresenta un bambino che cerca di
scavalcare una rete su un campo dai colori estivi. Un invito ad oltrepassare i
limiti?
Federico Li Calzi: Questa
è forse la domanda che meglio riassume il senso di Nove Periodico. La copertina
è la summa e racchiude l’archetipo profondo e generale di questo libro:
rappresenta, contemporaneamente, il bambino Luca, che è una delle chiavi di
lettura, e il protagonista Mauro che, come Luca, ha vissuto l’infanzia in
quella stessa terrà e in quella campagna, con la speranza di andare via, di
fuggire per trovare il successo. Ma, inevitabilmente, spinto da più
motivazioni, ritornerà per ritrovare il suo mondo, le sue cose i suoi affetti,
ormai perduti, e capire che in fondo in questo mondo non bisogna poi girare
tanto per essere felici e a volte basta accontentarsi e prendere la vita così
come viene. L’immagine del bambino che vuole scavalcare rappresenta, allora, la
voglia di scoprire ma anche quello di andare via, simboleggiato, proprio, da
quella traversa di ferrovia che si vede nella copertina che fa da recinto.
Questo bambino che è attento alle piccole cose della natura, che conosce le
coltivazioni, gli innesti, le piante.
A.M.: Un uomo,
Mauro, che decide di tornare in Sicilia, i ricordi dell’adolescenza si
sovrappongo alla nuova realtà, agli anni che sono trascorsi. Com’è nato Mario
nella tua mente? Qual è la percentuale di realtà presente nel romanzo?
Federico Li Calzi: Mauro
e Ntonio come ho già detto, sono in realtà la stessa persona. A Mauro ho fatto
realizzare, nella fantasia del romanzo, quelli che erano i miei sogni. C’è da
chiedersi, allora, se egli che è andato via, ed ha ottenuto il successo, di
fatto e rispetto all’amico, si sente realizzato, se è felice e se la felicità
nella vita esiste e se ha trovato la sua serenità. I due personaggi
confluiscono sulla stessa figura. Non è un caso che Mauro non viene mai
descritto fisicamente, egli è quasi un’anima: la controparte che c’è in ognuno
di noi, non ha corpo materialmente. È
una voce narrante, a differenza di Ntonio che viene costantemente
descritto nella sua fisicità. Sono entrambi il retto e il verso della stessa
medaglia. Mauro è una persona scevra da condizionamenti. Ma, come si vedrà
nello svolgimento del romanzo, pagherà a caro prezzo questa sua libertà,
restando in una dimensione sociale, umana, culturale e geografica ai margini e
che non lo colloca in nessun livello.
A.M.: Scrivere un
romanzo ambientandolo nella propria città, Canicattì. Il luogo natio diventa
così principale nella tua produzione letteraria, quasi come un ricordo di
poetica ottocentesca. Quanto è grande il tuo amore per la Sicilia?
Federico Li Calzi: È
stato quasi scontato, per come io intento l’arte, ambientare la mia opera in
Sicilia; non credo si possa scindere l’anima dell’artista dalla sua terra, dal
posto dov’è nato e cresciuto e si è formato. Egli è parte integrante di quel
contesto, di quel territorio, della terra, di quei luoghi, di quella società,
di tutto ciò che si porterà dietro nella vita e di tutto quanto ha vissuto e
imparato nella sua adolescenza. Si porterà dentro sempre quel mondo e quel modo
di vedere le cose. Quindi, scrivere
un’opera e parlare della propria terra significa, anche, possedere la propria
esperienza, fare i conti con il proprio passato, la propria vita, i propri
limiti, le proprie ambizioni, cosa non sempre facile nel mondo d’oggi inquinato
dai più prepotenti e arroganti mezzi di comunicazione e social network che
annientano ogni possibilità di solitudine e quindi di riflessione.
A.M.: Com’è il
tuo rapporto con la poesia oggi, dopo l’esperienza della prosa?
Federico Li Calzi: Credo
di essere arrivato al Romanzo (e lo dico senza vezzo d’ambizione) quando ero
già sicuro di una mia forma, di un mio stile. Certamente l’esercizio narrativo
porterà nuova linfa anche alla poesia. Quindi come diceva Pavese “dopo un certo
silenzio, ci si propone di scrivere non una poesia ma delle poesie”.
A.M.: Salutaci
con una citazione…
Federico Li Calzi: “In arte non si deve partire dalla
complicazione. Alla complicazione bisogna arrivarci. Non partire dalla favola
simbolica di Ulisse, per stupire; ma partire dall’umile uomo comune e a poco a
poco dargli il senso di un Ulisse.” (dal Mestiere di Vivere di Cesare
Pavese)
Un caro saluto a
tutti i lettori.
A.M.: Un saluto a
te caro Federico ed un augurio per questa nuova pubblicazione, che possa
portarti le gioie della poesia.
Written by Alessia Mocci
Addetta Stampa (alessia.mocci@hotmail.it)
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