Intervista di Alessia Mocci a Franco Rizzi: vi presentiamo il romanzo Anni difficili
“Tutti noi corriamo il
rischio di cadere in un baratro, piccolo o grande, mentre percorriamo la strada
della nostra vita e tanti “furbetti” sono lì pronti per aiutarci. Dal prete che
promette un felice “al di là”, magari migliore, se i tuoi beni li lasci in
eredità a chi di dovere “al di qua”, per non parlare delle ciarlatane scuole di
pensiero che ripropongono il ben noto “nosce te ipsum”.” – Franco Rizzi
Franco Rizzi è nato a
Torino nel 1935, sin da bambino ha vissuto a Milano, città nella quale si è
laureato in Ingegneria Elettrotecnica presso il Politecnico. Da giovane ha
lavorato nella ditta creata da suo padre nel 1938 come progettista di impianti
per il risparmio energetico. Ha dimostrato di aver capacità notevoli ed i “suoi figli di ferro” ‒ in questo modo
egli stesso denomina gli apparecchi di sua progettazione ‒ sono installati in
raffinerie di petrolio sparse in tutto il mondo, a bordo di molte navi ed in
molte centrali termoelettriche. Lavoro che gli ha dato la possibilità di viaggiare e di conoscere paesi in modo approfondito
grazie alla collaborazione con agenti locali che gli hanno mostrato l’altra
faccia dell’Asia, dell’America, dell’Africa, quella non turistica.
Appassionato di
letteratura e scrittura, di quel mondo artistico che instrada alla
conoscenza dell’uomo e del mondo per decine di anni ha scritto migliaia di
pagine di appunti che solo recentemente ha trasformato in romanzi. Storie vere, episodi vissuti in ogni
parte del globo che diventano carta stampata.
Vengono così alla luce “1871
‒ La Comune di Parigi”, “Luca
Falerno ‒ Caccia nelle Murge”, “Mini
‒ Storia di un pittore”, “1945 ‒
Anno zero sul lago”, “… scrivimi!”, “Il
delta del Nilo”, “Anni difficili”
ed un neo progetto di una casa editrice con pubblicazione gratuita, La Paume Editrice.
In questa intervista puntiamo
il focus sul romanzo “Anni difficili” che traccia l’Italia a cavallo tra
gli anni ’70 ed ’80 divisa fra la dura lotta di classe e di ideali fra
irriducibili della liberazione del 1945, seguaci del sessantotto e fazioni
nostalgiche di estrema destra; la massoneria deviata che si stava formando e
l’espansione sempre più energica della mafia siciliana.
A.M.: Ciao Franco
è un piacere aver l’opportunità di dialogare nuovamente con te per presentare
ai lettori la tua ultima pubblicazione: “Anni difficili”. In un’intervista del
dicembre del 2017 avevi accennato velocemente l’argomento del libro senza dare,
però, anticipazioni. La stesura è iniziata dopo il 2017 oppure negli anni avevi
raccolto appunti che ultimamente hai amalgamato?
Franco Rizzi: La
stesura del libro è molto antecedente al 2017. Inizia circa dieci anni dopo il
periodo preso in esame dal libro e cioè i sette anni dal 1974 al 1981. Quel
periodo è stato un momento molto intenso per la mia vita, è stato un periodo
centrale cui sono seguiti, direi come una sorta di contrappasso, alcuni anni di
disimpegno più o meno fino alla caduta del muro di Berlino. Anno dopo anno ho sempre
tenuto una rubrica dei fatti che hanno interessato la mia vita e così con gli
anni ‘90 ho iniziato a raccogliere dati e notizie e successivamente metterli
insieme e correlarli ai personaggi, alcuni come ho scritto presi dalla realtà
di quei giorni. Per tante ragioni, alcune ovvie, sono poi trascorsi molti anni
prima che il libro vedesse la luce e fosse dato alle stampe.
A.M.: L’espressione
“anni di piombo” è ripresa dal film omonimo della regista Margarethe von Trotta
ed utilizzata per un periodo storico italiano che va circa dalla fine degli
anni Sessanta agli inizi degli anni Ottanta. Ho dunque ragionato sul titolo da
te scelto “Anni difficili” volendo accostare “piombo” a “difficili” e cercando
nell’etimo di piombo, oltre al latino “plumbum” di derivazione greca (πέλιος –
blu-nerastro), ho trovato dal sanscrito “bahu-mala” con traduzione: molto
sporco. Così il piombo diviene un concetto oscuro, molto sporco e che richiede
uno sforzo dell’intelletto per essere inteso. È sotto questo punto di vista che
ho esaminato il tuo nuovo romanzo e l’epoca storica che hai voluto raccontare.
Ritieni che le cause di quei ripetuti massacri siano stati compresi dagli
italiani che li hanno vissuti oppure che si siano semplicemente annidate sempre
più in profondità?
Franco Rizzi: Gli
anni di piombo, il piombo scuro delle pallottole, è stato un brutto e oscuro
periodo della nostra storia più recente. Molti di quelli che ne sono stati
protagonisti oggi sono morti e altri ancora vivi preferiscono non parlarne più,
fiduciosi forse di essere arrivati in un tempo migliore. A quel tempo spesso si
sparava per uccidere, altre volte solo per ferire, ma intimidire gli avversari
e farli uscire di scena, questo veniva detto gambizzare. Il tutto era simile,
mutatis mutandis, a quanto era già avvenuto nei tristi anni dal 1919 al 1922 e
descritto molto bene nel bel libro “M il figlio del secolo” di Antonio Scurati
uscito di recente. Oggi possiamo forse concludere che in quel periodo abbiamo assistito
a una resa dei conti per quella mancata guerra civile, che non aveva trovato
sfogo con il 25 aprile 1945 per la presenza massiccia delle truppe alleate
presenti in Italia. Ovviamente adesso la maggioranza degli italiani ritiene
ormai chiuso quel capitolo e anch’io ho addolcito il titolo riducendo il
pesante anni di piombo a quello di “Anni difficili”.
A.M.: Il mio anno
di nascita è il 1982, non sono stata testimone degli anni di piombo e purtroppo
con i programmi scolastici di storia non si arriva mai a studiare questa parte
nefasta dell’Italia. I trentenni e quarantenni di oggi non conoscono le vicende
che hanno portato alle stragi e quando qualcuno accenna nei programmi
televisivi sembra quasi un argomento tabù, si citano gli attentati, si
ricordano i morti ma non si parla mai del perché e del come si è arrivati a
tutto quell’odio riversato per le strade.
Franco Rizzi: Naturalmente
chi è nato dopo gli anni ‘80 non conosce i fatti e i misfatti di quel triste
periodo. Il tutto era nato come rivendicazione sociale prima nel 1968 in
Francia (il maggio parigino) e l’anno dopo in Italia, l’autunno caldo del 1969.
Ovvio che “chi di dovere“ ci mettesse
subito lo zampino con la bomba alla Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a
Milano. Poi l’odio è stato fomentato in un crescendo di attentati e contro
attentati, di attacchi e di vendette, effettuati da militanti estremisti di
destra e di sinistra. E qui torniamo alla mia risposta precedente. Gli anni di
piombo sono stati anni di duro scontro tra nostalgici fascisti e nostalgici
comunisti leninisti, ma approfittando di questo fatto anche mafia e servizi
segreti hanno partecipato alla bagarre.
Naturalmente una organizzazione solida, bene innervata nella politica come la
mafia è sempre pronta ad approfittare delle circostanze e così è stato. In
conseguenza dopo gli anni di piombo, rimase proprio la mafia a fare da
contraltare allo stato con i ben noti attentati dinamitardi di via dei
Gergofili e di via Palestro a Milano, sfociati poi nella trattativa stato-mafia
con gli ultimi processi ancora in corso ai giorni nostri.
A.M.: Nel romanzo
“Anni difficili” ci sono tre protagonisti principali: Aldo Devita, Gianni
Trapani e Vicente Razini che, trasportati in analogia con il regno animale, si
identificano bene con il lupo, l’agnello e la volpe.
Franco Rizzi: Dei tre
personaggi principali del romanzo, Aldo Devita è sicuramente il lupo e l’ho
preso dalla realtà. È stato uno di quegli uomini, “diabolici” che ho conosciuto.
Era davvero un lupo malvagio, ma travestito da persona per bene e dotato di un grande
fascino al quale era difficile sottrarsi. Gianni Trapani invece l’ho creato per
farne l’io narrante delle losche trame di Aldo e di altri fattacci connessi alla
mafia, alla droga e al Venezuela. Così possiamo definirlo un agnello, ma un
agnello finto e scaltro, adatto per poterlo infilare nelle tane dei lupi.
Vicente Razini è una simpatica volpe, anche lui è preso dalla realtà, il nome con
cui compare nel romanzo è quasi uguale al suo nome vero, è deceduto da poco e
le sue due figlie vivono tuttora in Venezuela. Chi l’ha fatto diventare
ricchissimo sono io e il racconto del come questo sia potuto accadere, è
assolutamente veritiero. Aveva un anno più di me, ma mi aveva sempre
considerato il suo fratello maggiore, il suo mentore, e mi dispiace veramente che
nell’ultima parte della sua vita fosse stato colpito da una sorta di demenza
senile.
A.M.: Oltre alla
politica, oltre agli scontri tra fazioni ideologiche diverse troviamo due forze
importanti: la mafia siciliana e la massoneria deviata. “Deviata” perché non
rappresenta più i valori delle antiche associazioni iniziatiche ma si occupa
principalmente di traffico di denaro e sovversione dell’assetto socio-politico.
Gianni Trapani, infatti, si trova all’interno di questi due mondi senza
conoscere le regole del gioco, non è conscio di ciò che accade ma è portato
avanti da due pulsioni: la curiosità e la disperazione. Che cosa consiglieresti
ad una persona affetta da queste pulsioni?
Franco Rizzi: Massoneria
deviata: ho dei dubbi che ne esista una diversa. Il rifarsi a una associazione
corretta, non deviata, che si richiami ad antichi valori iniziatici è fittizio,
nessuno li considera adatti per la vita attuale, tutti sentono invece il
fascino dell’associazione segreta. Ogni uomo incontrando uno sconosciuto vorrebbe
trovare invece un “fratello” che condivida le sue stesse idee, che si apra a
lui senza i filtri e le distanze che dividono gli uomini. Di qui a fare “delle
cose” insieme, ad avere interessi privati in atti pubblici il passo è breve.
Anche Gianni Trapani cade in questa trappola e crede che la massoneria possa
essere una salvezza in un periodo politico oscuro. La sua curiosità non viene
soddisfatta e invece è usato senza scrupoli. Non viene minimamente aiutato e finisce
in uno stato di povertà. E nel desiderio di uscirne cade nel baratro più
profondo e diventa un omicida. Tutti noi corriamo il rischio di cadere in un
baratro, piccolo o grande, mentre percorriamo la strada della nostra vita e
tanti “furbetti” sono lì pronti per aiutarci. Dal prete che promette un felice
“al di là”, magari migliore, se i tuoi beni li lasci in eredità a chi di dovere
“al di qua”, per non parlare delle ciarlatane scuole di pensiero che
ripropongono il ben noto “nosce te ipsum”. La semplice verità è che non abbiamo
altra salvezza se non in noi stessi.
A.M.: Che cos’è
il bene comune? L’uomo può costruire una società fondata sul bene? Oppure è
l’illusione di molti creata ad hoc dai pochi?
Franco Rizzi: Il
cosiddetto bene comune non esiste. Ovviamente è un miraggio, creato da pochi, per
incanalare in una certa direzione gli sforzi che ognuno di noi fa per la
propria esistenza. Il detto l’unione fa la forza, il fascio littorio sono
esempi di questa illusione.
A.M.: Hai in
programma delle presentazioni del libro?
Franco Rizzi: Per
adesso non ho in programma alcuna presentazione di questo libro. Credo sia un
libro un po’ difficile. Forse in futuro.
A.M.: Ricordo ai
lettori che alcuni anni fa hai fondato la casa editrice La Paume. Quali sono
state le pubblicazioni del 2018 e 2019?
Franco Rizzi: La casa
editrice La Paume sta appena muovendo i primi passi e non ha ancora un catalogo
strutturato. Spero di tornare su questo in una prossima intervista.
A.M.: Salutaci
con una citazione…
Franco Rizzi: “Non v’è sentiero alcuno difeso contro la
forza del destino e l’inclemenza del fato.” − Pedro Calderon de la Barca
A.M.: Franco, ti
ringrazio per queste sincere risposte che, per il lettore attento, portano
profonde riflessioni sull'Italia di ieri e di oggi. Ti saluto con i versi di
Pietro Metastasio: “Chi vede il pericolo,/
né cerca di salvarsi,/ ragion di lagnarsi/ del fato non ha”.
Written by Alessia
Mocci
Info
Sito Franco Rizzi
http://www.francorizzi.it/
Facebook La Paume Editrice
https://www.facebook.com/LaPaumecasaeditrice/
Fonte
http://oubliettemagazine.com/2019/05/13/intervista-di-alessia-mocci-a-franco-rizzi-vi-presentiamo-il-romanzo-anni-difficili/