La mafia nello zaino di Alessandro Cortese: un omaggio a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
“«E come gli altri
non ha visto niente?».
«Maresciallo, ma
voi di dove siete?» chiese mia madre.
«Siciliano,
signora… proprio come quelli ancora nei paraggi».
«E siciliano come
me, non avete ancora capito che in Sicilia pigliamo tutti la pensione?».
«E questo cosa
c’entra?».
«C’entra, c’entra,
maresciallo. Perché in Sicilia siamo muti, ciechi e sordi. Avete capito?
Menomati siamo, ma questa è solo mezza verità».
«E l’altra
mezza?».
«L’altra mezza sta
alle vostre spalle, sotto quel lenzuolo. Là c’è tutto quel che vi serve sapere…
non vi basta?».”
La scena si svolge in strada, il paese è accorso dopo aver
sentito “un boato, breve ma dall’eco persistente”, Melina parla con il
maresciallo: è stanca di sentire le solite domande e, dopo poche battute,
si allontana con passo spedito tenendo stretta la mano del figlio.
Fra tutti, l’unico ad essere stupito dal corpo steso a terra
e dal lenzuolo è proprio lui, l’Io narrante, il figlio, un picciriddu
di appena dieci anni che, durante quella torrida estate, dovrà forzatamente
abbandonare le corse in bicicletta con gli amici e diventare adulto.
“La mafia nello zaino – Il bimbo, il nano e l’assassino”
è un romanzo di Alessandro Cortese (Messina, 1980), edito da Il ramo
e la foglia edizioni (gennaio, 2022). La copertina è opera dell’artista
palermitano Giulio Rincione. Sono trascorsi ben otto anni dalla
pubblicazione di “Polimnia. Di 300 Spartani, una Grecia e dei Persiani di
Serse” (Edizioni Saecula, 2014), un romanzo storico che racconta di
avvenimenti umani che “non devono dissolversi nella dimenticanza[1]”
ma, anche in “La mafia nello zaino”, Cortese ripropone l’importanza del tema
della dimenticanza perché i mortali devono continuare a narrare per far in
modo che le nuove generazioni comprendano il valore di una singola azione compiuta
da un singolo essere umano.
La finzione letteraria diventa così occasione per ricordare
due grandi uomini, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che, nella
Sicilia raccontata da Cortese, diverranno il giudice Falco Di Giovanni ed il
suo collega Paolo. I due personaggi, con la stessa tenacia che li ha resi celebri
e che li ha anche condannati a morte, cercheranno di modificare quel viziato modus
vivendi perché convinti oppositori di un sistema di corruzione che
dall’isola arriva sino a Roma.
“«Sono cose grosse, Paolo, che partono da qua e arrivano
su» disse il giudice Di Giovanni all’altro, prima che insieme si fermassero a
un passo dagli scogli in cui mi nascondevo. «Mafia e politici hanno scavato
questa galleria che, dalla Sicilia, attraversa sotterranea tutto il sud Italia
e va dritta fino a Roma, dentro le stanze della VIII commissione, per
infiltrarsi nelle grandi opere e nei lavori pubblici, facendo fare ai soldi
avanti e indietro. Gli appalti, vinti a tavolino dai mafiosi, diventano
mazzette che tornano nelle tasche della politica… e i nostri onorevoli che ci
fanno dopo con quei soldi? Altre mazzette per altri mafiosi che, finanziando lo
spaccio di droga per evitare il pizzo, danno al tessuto sociale la sensazione
che nulla stia accadendo e infatti, in superficie, nulla accade: è tutto sotto,
dove ci va soltanto chi sa e gli altri restano all’oscuro».”
Attraverso gli occhi di un picciriddu, lo
scrittore messinese pone sul piatto il significato di innocenza per poi
frantumarlo lasciando il lettore quasi incredulo per la crudezza della
realtà, per la consuetudine degli eventi che si susseguono. Situazioni
aberranti diventate una sorta di tradizione (e/o costrizione) per gli adulti ma
non per il nostro piccolo eroe che, in emulazione di Nero Wolfe, protagonista
degli sceneggiati Rai, si mette in testa di scoprire il colpevole
dell’omicidio del ladro Giulio e dell’avvocato Cantarò.
“«Mafiusi! Tutti mafiusi semu! Tutti muti ma u sapemu! Lo
sappiamo, chi è che l’ha ammazzato! Ma la lingua ci si ferma non appena
pensiamo a quel nome! Picchì vigliacchi semu! E davanti a Diu ni facemu u
cuntu!».”
Una società di maschere, una comunità che, nella vita
reale, recita una parte così come fanno i burattini dell’Opera dei Pupi e, nel
medesimo modo, i siciliani che Cortese descrive, per paura o per esigenza,
si affidano ai fili del puparo senza poter uscire dal turbinìo che, a dire
il vero, essi stessi creano.
“«Mafiusi! Tutti mafiusi semu! Tutti muti ma u sapemu!».”
“La mafia nello zaino” è narrazione che amalgama fantasia
letteraria ed eventi reali come, ad esempio, la tragica morte di Giulio
ritrovato con le mani mozzate perché aveva rubato, reminiscenza di un omicidio
avvenuto nel 1999 di un ladro di 21 anni[2] il
cui corpo è stato rinvenuto nel torrente Idria in contrada Lando (Barcellona
Pozzo di Gotto) con la testa fracassata e gli arti superiori monchi.
Mentre scorrono le pagine il picciriddu affronta
ciò che lo psicoanalista James Hillman ha individuato nel contrasto Puer-Senex nel
quale “il Puer Aeternus è quella struttura di coscienza e quel modello di
comportamento che rifiuta e combatte il Senex […] e che è spinto a ricercare, a
domandare, a viaggiare, a inseguire, a trasgredire ogni limite”[3].
Limiti che il “bimbo” trasgredisce quando nella sua mente emergono le prime
domande sulla mafia che, con un’ingenuità che non si presenterà
successivamente, estende ai suoi compaesani, limiti che insegue senza freno a
causa della forte curiosità di “sollevare il velo”, di scoprire i segreti che
nascondono i suoi genitori, il sindaco Vito Massimino, il barbiere Santo Freni,
padre Pippo e Don Nino detto Ninu u nanu. Trascinato da un innato
sentore di giustizia diverrà, infine, portavoce dell’eredità etica del
giudice Falco Di Giovanni.
“Adesso ero sicuro che fossimo noi, io e quelli con me
nel piazzale, a vivere nel mondo che Colapesce andava visitando quando si
tuffava. Ero sicuro che fossimo rimasti intrappolati perché forse Colapesce non
aveva mai voluto sostenere la Sicilia: aveva deciso d’affondarla, invece, e
continuava a premere col piede sulle nostre teste, tenendoci qua sotto senza
darci modo di riemergere.”
L’autore, Alessandro Cortese, oltre al già citato
romanzo storico “Polimnia”, ha pubblicato la storia “Ore 1: Barcellona P.G.”
(antologia “E tutti lavorammo a stento”, Arpanet, 2013), “Ad Lucem”
(Arpanet, 2012), il racconto “A Mani Strette” (antologia “Fedeltà&Tradimento”,
Arpanet, 2011), “Eden” (Arpanet, 2010), “Vita e ricordo di Mary Ann
Nichols. Prostituta” (antologia “Concept – Storia”, Arpanet, 2007).
Written by Alessia Mocci
Info
Acquista “La mafia nello zaino”
https://www.amazon.it/mafia-nello-zaino-bimbo-lassassino/dp/B09GQJLG4V
Fonte
Booktrailer su Youtube, voce Alessandro Cortese
https://www.youtube.com/watch?v=ez002UEFais
[1] “Questa
è la storia di avvenimenti umani che, col tempo, non devono dissolversi nella
dimenticanza. È la storia di imprese grandi e meravigliose, compiute tanto dai
Greci quanto dai Persiani, ed è la storia di come gli uni e gli altri vennero
in guerra tra loro.” Tratto da “Polimnia. Di 300 Spartani, una Grecia e dei
Persiani di Serse”, capitolo Clio, pagina 7.
[2] Fonte
Repubblica: https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1999/05/06/ruba-al-boss-mani-mozzate.html
[3] James
Hillman, Saggi sul Puer, Raffaello Cortina editore, 2021, capitolo Pothos,
pagina 17.