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la tradizione dura a morire

Fin da piccola mi sono chiesta spesso il perché di tante cose. Crescendo questi perché si sono sposta dalla sfera della natura e della vita quotidiana a quella degli altri esseri umani.
Molto presto intuii che nella vita di questi altri individui c’erano certe cose nascoste, più complesse e meno chiare di ciò che appariva all’esterno. Intorno a me vedevo persone che vivevano una vita segnata già da millenni di storia e tradizioni che si trasmettevano da padre in figlio e che pareva lasciassero il mondo in uno status quo da cui non ci poteva essere evoluzione alcuna né sviluppo per un futuro diverso.
Gli stereotipi erano tanti ma moltissime persone non sanno nemmeno di rispecchiarne qualcuno. Sono totalmente ignari di aver seguito un tracciato che gli è stato segnato davanti e al quale si sono attenuti per tutta la vita, tranne quando sovviene un evento particolarmente tragico o piacevole a sconvolgere questo disegno.
Non riuscivo a capire per quale motivo tanta gente si giudicasse infelice e continuasse a condurre la vita di sempre non facendo nulla per migliorarla o per cambiare quello stato di cose per niente appagante. Lo stesso Pirandello, mio compaesano, notò quella maschera che la gente indossa ogni giorno e dietro la quale si agitano le più fervide passioni o le più oscure paure, la quale maschera rimane incollata al viso e alla vita di molte persone fino alla morte.
Poi ho scoperto che c’era la questione dell’adattamento. Queste persone si erano semplicemente adattate e conformate all’ambiente in cui erano nate e cresciute senza dubitare mai che potesse esistere un altro modo di vivere o un altro tracciato alternativo da seguire. Insomma si trattava di individui che ad un certo punto della loro vita invece di prendere in mano la loro vita e deciderne cosa farne si erano lasciate prendere dalla morsa della tradizione e avevano seguito passo passo il percorso senza mai volersene o potersene liberare.
Quei “vinti”di cui parla il Verga, siciliano anche lui, purtroppo non sono solo i poveri, i quali non possono sottrarsi alla loro misera vita, ma pure coloro che i mezzi per cambiare vita ce li hanno eppure rimangono fermi dove sono e vanno avanti vivendo come mummie prive di vita.
Il guaio è che una volta accettato un certo stato di cose come “senza uscita” si sono trovati, io faccio una supposizione, a dover per forza seguire la strada intrapresa da tutti, con la speranza di non avere sorprese lungo la via.
Anche quelli che da giovani hanno fatto fuoco e fiamme si sono piegati poi alle regole della tradizione che li voleva ammogliati,impiegati e piegati al dovere e alla famiglia. Eppure erano stati delle menti fervide e non mancavano certo d’intelligenza e neanche di mezzi economici per scegliere una diversa condizione di vita.
Certo alcuni sono riusciti ad andar via da questo gregge, fortunatamente per loro, e altrove hanno trovato uno stile di vita più autentico e privo di tutti quei tabù e dogmi assurdi che li voleva rendere schiavi di un sistema stabilito e permanente.
Purtroppo questi pochi eletti che hanno tastato l’altrove di terre nuove e più sane, tornando non sono riusciti a far cambiare idea a nessuno dei loro amici o conoscenti prigionieri ancora di una tradizione di secoli che li comanda come pecore stupide.
Allo stesso tempo capii che in fondo quelli che avevano scelto la strada di sempre lo avevano fatto per un bisogno di sicurezza e di stabilità che solo la tradizione pare dia, o faccia parere di avere. Infatti se si discute con tali persone nessuna di loro è contenta dello stato di cose in cui vive eppure una volta chiusa la porta di casa si sentono al sicuro e contenti di aver fatto la scelta giusta, anche se dentro di loro sanno che non sono che dei morti che fanno finta di vivere.