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Romagna: terra di buona cucina

Ogni vacanza contiene una piccola serie di scoperte. Possono essere di carattere paesaggistico, come un spiaggetta particolare od un mare estremamente bello e cristallino. Possono essere di tipo culturale come un monumento od un museo di estrema importanza. Oppure può trattarsi, e succede spesso, di scoperte culinarie: un piatto, un prodotto mai mangiato, un gusto nuovo che ci colpisce e ci fa innamorare.

Da quest'ultimo punto di vista la Romagna si presenta come una terra che non smette mai di sorprendere il turista con la sua tradizione gastronomica ricca e variegata. Ovunque ci si trovi risulta difficile alzarsi da tavola con il malcontento. Che si tratti di un ristorante, di un'osteria o di un agriturismo è impossibile non subire il fascino e la bontà delle specialità romagnole. Le numerose sagre che nei mesi estivi animano e colorano gli splendidi borghi arroccati dell'entroterra rappresentano tappe fondamentali per chiunque voglia assaggiare esempi autentici di questa gastronomia.

A Villa Verucchio c'è la sagra delle carni di maiale, a Montebello quella della trippa e degli strozzapreti, a Montescudo la sagra della patata e la festa degli gnocchi. Queste sono solo alcuni delle manifestazioni che nell'entroterra celebrano le tradizioni culinarie locali. Ma non dimentichiamo che la Romagna è anche una dolce terra che si stende sul mare. E di conseguenza sulle tavole dei suoi ristoranti non potrà mancare mai il pesce. Si tratta del pesce azzurro pescato direttamente dalle acque dell'Adriatico: alici, branzini, calamari, merluzzo e triglie. Piatti buoni, semplici ed allo stesso tempo ricchi di proprietà naturali.
Infine, non può mancare un appunto su quella che è la regina incontrastata della cucina romagnola: la piadina. Un tempo, data l'umiltà della sua ricetta(acqua, farina, olio, strutto e sale) era considerato il pane dei poveri, oggi è un prodotto che ha scavalcato i confini regionali ed è riuscito a conquistare il palato di tutti. Ogni anno a Bellaria Igea Marina si tiene "La pis un po ma tòt" una manifestazione che celebra la piadina in tutte le sue declinazioni.

Per chi desidera partecipare ed allo stesso tempo godere dell'ultimo sole d'estate è possibile soggiornare presso l'Hotel Columbia (www.hcolumbia.com) od il Villa Saba Hotel (www.villasaba.it), due moderne e confortevoli strutture di Bellaria Igea Marina. Per maggiori informazioni su entrambi gli alberghi visitare il sito www.hotelfamily.it.

1945 Anno zero sul lago, romanzo di Franco Rizzi: un pilota inglese di origini italiane ritorna sul luogo di un misfatto




Durante la navigazione le onde, colorate dalla tinteggiatura mimetica a forti toni di verde e di marrone aggiunta da pochi mesi, si rincorrono lungo le fiancate del battello, ma nessuno pensa che in questo modo il battello sia diventato invisibile, semplicemente tutti sperano che mai nessuno si sognerebbe di attaccarlo.

Domenica, 5 novembre 1944, sul lago Iseo un battello fa la spola tra i vari paesini. Sono più o meno le dieci del mattino quando il battello lascia il pontile di Iseo.  A bordo si trovano adesso quarantaquattro persone tra passeggeri ed equipaggio. Sono tutti silenziosi perché, in quei giorni la spensieratezza non trova spazio, malgrado lo scorrere del panorama particolarmente piacevole in quella giornata di sole brillante che sembra ancora estate.

Tre cacciabombardieri inglesi sorvolano all’altezza di Brescia, il campo d’aviazione militare di Ghedi ormai deserto e abbandonato dopo l’ultima incursione, poi virano verso il lago d’Iseo. Keeler Martini è il capo squadriglia della spedizione e con la coda dell’occhio vede una bianca scia sull’acqua. Aggancia il bersaglio. Per tre volte gli aerei scendono in picchiata sul battello e sparano. 

I proiettili progettati per forare robuste corazze scaricano una potenza inaudita sulle povere lamiere del piccolo battello. Un massacro di quattro minuti ed i tre caccia rientrano all’aeroporto di Pescara per fare rapporto.

L’acqua si tinge di rosso. Il battello affonda a pochi metri dall’approdo di Montisola. Due uomini, un duro pescatore dell’isola cui si affianca un giovanissimo e inesperto sottotenente della X Mas, si muovono con difficoltà per organizzare il trasporto dei feriti in ospedale. Una donna corre in casa, strappa le lenzuola da un letto e si prova a usarle per tentare di tamponare il sangue dei feriti.

Fermì el sang Cristi” urla ai due, ma non si capisce se sia una bestemmia o una preghiera.
Diversi feriti moriranno prima di arrivarvi.

1945 Anno zero sul lago” è stato pubblicato nel 2012 dalla casa editrice La Riflessione e vedrà una seconda ristampa, tra qualche mese, per La Paume Editrice. L’autore, Franco Rizzi, ci trasporta negli anni della Seconda Guerra Mondiale attraverso personaggi legati fra loro dal lago Iseo. 

Alcuni personaggi ed episodi sono stati presi dalla realtà di quei giorni un po’ burrascosi, altri sono stati aggiunti per dare corpo al racconto. […] L’inizio della stesura risale al 1988, quale deviazione, mentre scrivevo un’altra storia. […] Dedico questo romanzo ai miei nipoti con l’augurio che non abbiano mai a vivere tempi così bui. Ed anche a quella giovane donna che ha visto il padre spirare a pochi metri dall’ospedale, mentre un pescatore spingeva la barca allo spasimo. Nota introduttiva

“1945 Anno zero sul lago” inizia il suo narrare in una domenica pomeriggio del 30 agosto 1945. Una casa a due piani pitturata di rosa che presenta a lettere cubitali blu il suo nome: Bredina sul lago. Si trova davanti a Montisola, l’alta montagna che emerge dal lago. I proprietari sono in giardino quando il capitano d’aviazione Keeler Martini, che indossa una divisa azzurra ben stirata, percorre un vialetto di ghiaia che porta al giardino sul lago dove incontra il capofamiglia Mario Consolo.

La guerra è terminata ad aprile ed il popolo italiano raccoglie faticosamente i cocci dei tragici eventi ancora troppi vicini per esser pienamente compresi e che forse ancora oggi non hanno una spiegazione univoca. Mario Consolo si dimostra amichevole nei confronti del suo inaspettato ospite sia perché non è mai stato fascista, sia perché piuttosto incuriosito dal motivo della visita.

Ma che strana coincidenza, anche il cognome di mia madre era Martini. Allora lei deve essere di origine italiana! Chissà magari alla lontana i suoi antenati erano parenti dei miei! Magari erano emigrati dall’Italia molti anni prima. Lei sa di quale parte fossero?

Una domanda alla quale il capitano Martini non seppe rispondere forse per la limitata conoscenza della lingua italiana o forse perché il capofamiglia parlò velocemente compitando una frase troppo lunga.

Seguono capitoli che alternano passato e presente nei quali Franco Rizzi ci presenta la giovinezza dei due protagonisti, due realtà di vita completamente diverse, una in quell’isola del nord così ricca di prospettive grazie alle sue Colonie sparse per il Mondo e l’altra in una penisola che rincorreva, ormai fuori tempo, il desiderio di appropriarsi di un’ultima colonia africana. 

Un turbinio di ricordi che ci mostra due uomini e due popoli che non erano abbastanza informati sui fatti che avevano portato al terribile conflitto. Forse anche i due avevano partecipato passivamente agli eventi malgrado ognuno di loro fosse attivo nel suo operato.

Mario cercò addirittura di intraprendere una impossibile avventura militare per cercare di fare fortuna come geometra in Etiopia ma ben presto il suo sogno si rivelò un fallimento.

 Keeler prima della guerra aveva lavorato alla Manchester Machinery Works, più di due anni ma non era stato un periodo molto facile, era stato preso di mira da un malefico capo squadra, Dave il cane, e lo scontro era durato a lungo.

Dave fece un brutto sorriso… preparandosi a sferrare un pugno in faccia all’avversario, ma Keeler con decisione gli calò la riga sul volto: il colpo fece un rumore sordo e la riga d’acciaio causò un profondo taglio al volto…”

Poi da meccanico motorista iniziò casualmente la carriera militare da pilota per la “fortuita” penuria di piloti.

Al distretto militare avevano subito apprezzato il fatto che lui fosse esperto di motori e lo avevano arruolato in aeronautica, trasferendolo il giorno successivo in un piccolo aeroporto a sud di Londra. […] La merce che si consumava più rapidamente però erano i piloti. Quando un caccia non ritornava mancava anche un pilota. I nuovi piloti che arrivavano ai campi d’aviazione attorno a Londra erano sempre più giovani e sembravano arrivare con il contagocce.

Altri tre personaggi si intrecciano all’incontro nel giardino della Bredina sul lago espandendo il discorso sul quale verte il romanzo: chi è la vittima e chi è il carnefice.

Luigi Stabilini, il sottotenente diciannovenne dell’X Mas che, lasciato solo a custodire lo stabilimento ormai non più produttivo della Caproni di Montecolino, con una manciata di altri ragazzi inesperti, aspettava invano ordini dalla Repubblica di Salò.

Mario Bonardi, detto Spinù, l’anziano pescatore che si accascia sul pagliolo della barca dopo l’approdo in ospedale, spossato da quella veloce attraversata del lago che ha salvato la vita a sedici anime.

Giovanni Ferrari, un macchinista della Nazionale che con grande abilità guidava le vecchie locomotive a vapore e che divenne celebre per l’esser scampato all’avvistamento del temibile aereo “Pippo”.

Infine il ventisei di aprile la guerra in Italia era giunta al suo epilogo.

Così aveva assistito alla tosatura delle ragazze e delle donne che erano state legate affettivamente ai fascisti o ai tedeschi. Fortunatamente, dopo quella violenza, in fondo abbastanza piccola visti i tempi che correvano, tutte furono lasciate libere di allontanarsi, sconciate e con il volto arrossato di pianto. Altre donne più pietose, invece di brandire delle forbici, le aiutarono a nascondere quello sfregio avvolgendo il loro capo con i fazzoletti che avevano portato.

Le donne di “1945 Anno zero sul lago” fanno da corollario ad un mondo di uomini in tempo di guerra e di decisioni prese in modo frettoloso. Le pagine dedicate alle figure femminili sono perlopiù ricordi di fiamme amorose che si disperdono tra bombe ed omicidi. Piccoli attimi felici che proiettati nel presente espandono la desolazione della mente sino ai limiti della depressione.

Così Keeler Martini non è il tipico vincitore inglese che si aggira nel territorio italiano fiero ed arrogante ma, infestato dai fantasmi, si interroga contemporaneamente sul passato e presente mettendo in dubbio le azioni svolte da ogni fazione in gioco.

Il capitano Martini invece cercava solo di spostare la sua mente e la propria attenzione su cose che lo tenessero lontano dai cupi ricordi del passato, ma faticava poi a rimanere concentrato sui vari argomenti. […] Si chinò in avanti e depose di nuovo sul tavolo il bicchiere di limonata che aveva ripreso in mano. Nelle narici gli pareva di avere un orribile sentore di disinfettante.

Written by Alessia Mocci
Addetta Stampa

Info
Sito Franco Rizzi
http://www.francorizzi.it/
Facebook La Paume Editrice
https://www.facebook.com/LaPaumecasaeditrice/

Fonte
http://oubliettemagazine.com/2018/02/15/1945-anno-zero-sul-lago-di-franco-rizzi-un-pilota-inglese-di-origini-italiane-ritorna-sul-luogo-del-misfatto/


Intervista di Alessia Mocci a Massimo Pinto: vi presentiamo la silloge poetica Cento Farfalle e… più



Come ogni sera ancora,/ con la tua onda lunga/ tu mi addormenti, mare,/ e mi culli amoroso/ nella notte stellata./ Sicuro come un bimbo/ sulla barca ondeggiante/ si affollano nel sogno/ le domande di sempre:/ perché mai proprio tu,/ tu che non sai perché,/ sei stato un giorno eletto/ ad elemento primo/ di questo nostro globo?/ […]” ‒ “Sogno del pescatore (Cantico del mare)”

Edita a dicembre 2017, “Cento Farfalle e… più” è la prima raccolta poetica di Massimo Pinto, autore conosciuto con il romanzo storico “Il trono del padre ‒ L’Innocenza” pubblicato nel 2016 dalla casa editrice romana Bastogi Libri. 

Massimo Pinto è nato e vive a Roma, laureato in Economia alla Sapienza ed in Teologia presso l’Ateneo Romano della Santa Croce. È Croce al Merito Melitense del Sovrano Militare Ordine di Malta. Nel 1998 ha pubblicato il saggio “Stato sociale e persona”.

“Il trono del padre ‒ L’innocenza” è stato premiato il 17 giugno 2017 con una Segnalazione Particolare della Giuria presso la prestigiosa Abbazia di San Fedele a Poppi (Arezzo) per la 42° edizione del Premio Letterario Casentino, nella sezione narrativa/saggistica edita.

La prefazione de “Cento Farfalle e… più” porta la firma di Massimiliano Grotti:Al pari di pennellate sicure di mano esperta, la poesia di Massimo Pinto diviene magia della parola e questa muta, si trasforma da crisalide a farfalla dando voce al silenzio intimo del sé ma allo stesso tempo è in grado anche di rivivere quello stesso silenzio, per dare identità a un viaggio poetico che si fa diario di vite vissute.”

Concorde con Grotti intravedo nella silloge una trasformazione da crisalide a farfalla, dalle poesie giovanili a quelle più mature in una compostezza che tende all’onirico, al divino, al realismo.

Massimo Pinto è stato molto disponibile nel rispondere a qualche domanda sulla sua nuova pubblicazione.

A.M.: Ciao Massimo, ti ho conosciuto con “Il trono del padre ‒ L’innocenza” e non ti nascondo la mia sorpresa quando ho saputo della pubblicazione di una raccolta poetica. Vorrei, dunque, esplorare con te il momento in cui hai iniziato a cimentarti nella scrittura in versi.

Massimo Pinto: Molto presto, infatti la mia scrittura in genere, ma in particolare quella in versi, risale al tempo del ginnasio, anzi addirittura delle medie, con liriche scaturite di getto e, come è proprio di quella età, sentite, ingenue, vere, ma anche dolenti e liberatorie. Avrai notato che la raccolta “Cento farfalle e… più”, “e… più” perché i componimenti riportati sono 114, ha uno sviluppo cronologico e si snoda dalla giovinezza all’attuale tarda età, passando per la pienezza della maturità. Le prime poesie di questa raccolta sono state scritte a quindici-sedici anni, avendo scartate quelle troppo ingenue e/o incerte. Ma ti dico di più: da principio le conservavo, in stampatello e a matita, su fogli di blocco notes, poi cominciai a raccoglierle in una cartellina, più tardi presi a ricopiarle a macchina, la mitica Olivetti Lettera 22 di mio padre, ma è accaduto tre o quattro volte che quella cartellina, tra università, lavoro, matrimonio, figli e traslochi, l’abbia perduta, eppure, superato il panico, sono sempre riuscito a riscrivere tutte quelle composte sino a quel momento, semplicemente a memoria. Da ultimo è intervenuto il computer.

A.M.: “Cento farfalle e… più” si apre con la prefazione di Massimiliano Grotti. Com’è nata questa collaborazione?

Massimo Pinto: Dopo aver scritto il romanzo “Il Trono del Padre (L’innocenza)” lo feci vagliare da una nota Agenzia Letteraria di Roma e, dopo quattro mesi dall’incarico, mi giunse una lettera di esegesi critica a tutto tondo, era scritta magistralmente da Massimiliano Grotti, con anche “stroncature” sapienti e motivate (altre meno). Parlai allora telefonicamente a lungo con questo giovane letterato, poi passai quattro mesi a correggere il romanzo, sulle linee giuda dei consigli del Grotti, per quanto riguardava lo stile e la correttezza linguistica, ma non recependo invece i suoi suggerimenti, per quanto riguardava la trama. Così il romanzo ne uscì molto più gradevole da leggere, anche più corto di 40 pagine, strutturato in più capitoli (8 anziché 6) ma assolutamente lo stesso in quanto a contenuti e significati. Questo sodalizio tra me settantenne e il bravo trentenne si fece più stretto alla presentazione del libro e poi, dopo aver letto le mie poesie, fu il Grotti stesso che si offrì per stenderne la prefazione, in quanto, a suo dire, le erano piaciute e molto. Indubbiamente la prefazione di Massimiliano Grotti, dotta, sapiente ed ispirata, ha aggiunto valore al libro.

A.M.: Ho apprezzato il tuo “consiglio” al lettore sul tempo di lettura di un libro di poesie. La poesia è una forma di riflessione che evoca archetipi e dunque immagini simboliche che non son di immediata comprensione. Secondo te qual è il tempo necessario per la lettura di “Cento farfalle e… più” e qual è stato il libro su cui ti sei soffermato di più?

Massimo Pinto: Nessuna opera letteraria dovrebbe essere letta una volta per tutte e ciò, se vale per i saggi ed i romanzi, vale molto di più per le poesie, perché la lettura ripetuta dà sempre spunti nuovi, diversi e talvolta persino antitetici ai precedenti, dipendendo anche dalle diverse fasi della vita del lettore. Ciò premesso però, dato che la vita non è eterna e la giornata finita, ci si limita a rileggere quelle opere che più hanno inciso sul nostro sentire. Per quanto riguarda la poesia, poi, ciò (intendo più riletture) dovrebbe avvenire sempre perché è anche più facile. I libri di poesie dovrebbero restare sempre aperti e mai chiudersi definitivamente, pronti ad essere sfogliati di tanto in tanto. Molte sono le poesie che rileggo, però il mio libro di poesie sul mio comodino ideale è senza dubbio “Vittorio Sereni Tutte le poesie a cura di Maria Teresa Sereni, con prefazione di Dante Isella, Garzanti”. Mi sento infatti così affine, anche se lui è irraggiungibile, a questo grandissimo poeta!

A.M.: Nella raccolta colpisce una ricercata variatio di metro, infatti spazi dagli endecasillabi ai versi liberi, dai novenari ai settenari e così via. Cosa stavi cercando esattamente?

Massimo Pinto: La scelta della metrica non è per me una scelta (scusa il bisticcio di parole), non cerco mai qualcosa con la metrica di un determinato componimento, esso nasce così. Ti spiego meglio: la poesia, subito dal momento della sua ispirazione, al primo fermare le parole sopra un supporto (anche una busta della spesa al momento), nasce immediatamente con una sua metrica, anzi sono io che, come se le stesse scrivendo un altro, conto le sillabe per capire di che verso si tratti e così vado avanti. E, ti dirò, la metrica finale, la musicalità dettagliata e dell’insieme, sono sempre molto coerenti col contenuto. Ti do un’altra chiave, qui di seguito, quasi un segreto mio, che però non devi prendere in senso assolutamente rigoroso. Le mie poesie sono così: se la metrica è espressa in maniera esatta, il componimento è diviso in strofe, e c’è anche la rima, baciata o alternata, si tratta di una ispirazione compiuta, pacificata, che esprime tutto, senza quasi altre domande. Se, invece, si tratta di una struttura ben definita, come la precedente, ma non c’è rima, si è al cospetto di una composizione sì di ispirazione compiuta, con concetti altrettanto delineati, ma con molti interrogativi aperti per me e per il lettore. Se si tratta, infine, di un verso libero, i significati, il coinvolgimento, il pathos interiore non hanno confini, e così la drammaticità: è una poesia che io chiamo “aperta”. Ho voluto poi indicare, per ogni componimento, la metrica e la struttura semplicemente per preparare il lettore a leggere meglio. Lo sai che le poesie dovrebbero essere lette, sia con gli occhi che con la bocca, quasi cantando, come nell’antichità classica? Perché anche quelle a versi liberi hanno sempre una loro musicalità.

A.M.:Sotto quel marmo tu/ in eterno ormai giaci,/ tu che vivesti solo/ nel ricordo del padre,/ intorno alla cui rossa/ ara trionfante stanno/ i turisti distratti./ […]” Così inizia la lirica “Napoleon II”, la cito non a caso per riprendere il tuo romanzo edito nel 2016, “Il trono del padre – L’innocenza”. Cosa significa essere padre e cosa significa essere figlio? Perché consideri Napoleone II “fratello ed amico”?

Massimo Pinto: Essere padre significa essere votati e pronti al sacrificio e al martirio, perché, come padri, non solo dobbiamo permettere e tollerare che nostro figlio, ad un certo punto, ci uccida, beninteso in senso metaforico e apparentemente incruento, ma non meno terribile, e, come figli (maschi), dobbiamo essere quanto prima consapevoli che, se non diventiamo parricidi, non evolveremo mai in una persona compiuta. Perché Napoleon II è mio fratello e amico, fratello e amico di Fausto?  Perché sono la stessa persona in due epoche storiche diverse, in quanto non hanno potuto uccidere i rispettivi genitori perché questi ultimi si sono loro nascosti, e allora l’hanno dovuto fare tardivamente e solo in effige, non con la presenza di entrambi i padri. Tutto questo non è vero per le madri e le figlie femmine, ma quello è un altro mondo che esula dal nostro discorso. A proposito lo sai perché il mio romanzo piace soprattutto alle lettrici? Perché leggendomi imparano a conoscere un po’ quella psicologia, e di conseguenza fragilità, maschile che spesso sottovalutano (e viceversa per noi maschi).

A.M.: La lirica “Domande”, dal titolo esplicativo, districa un argomento assai caro: la curiosità. Infatti in incipit troviamo: “Sono infinite/ dell’uomo le domande,/ ed è questo il problema:/ perché a ciascuna/ ci son mille risposte/ e certa quasi mai/ nessuna./ Si moltiplicano, allora,/ e si accavallano/ e la curiosità/ in angoscia si muta.// […]”. Qual è il tuo rapporto con la divinità?

Massimo Pinto: Il rapporto con Dio alberga in quasi tutte le mie poesie o almeno in moltissime, è il mio cruccio, il mio tormento e la mia estasi (rileggiti, ti prego, “Sogno del pescatore – cantico del mare”), ma la mia non è una preghiera, non è neppure un’adorazione, bensì, certo conscio della mia finitezza, della limitazione dei sensi e dell’intelletto, è un rapporto dialettico, a volte persino un litigio. Io ci parlo e sovente ci litigo, perché l’uomo è consapevole dell’infinito ma è finito, con un contrasto, tra comprendere, capire e poter fare, insormontabile e penoso, privo di un autentico “libero arbitrio”, condizionato sin dalla nascita e poi sempre e con la morte in agguato ed inevitabile. È lo stesso rapporto anche di rimprovero e quasi sfida che persino un papa ha pronunciato, almeno una volta a mia conoscenza, Paolo VI: “Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico”. Ma analogo lo pronunciò lo stesso Cristo, stando al vangelo: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Poi ci sarebbe da fare un altro discorso sul merito dell’esistenza di Dio (e “il soffiare del vento” che non svela il segreto è la metafora del “silenzio di Dio”), adombrato nel mio romanzo, quando pongo la possibilità che la nostra realtà sia soltanto una illusione, quando dico che la soluzione di tutte le congetture di fede e scientifiche, sulla esistenza nostra e del creato, potrebbe risiedere nella eguaglianza, corrispondenza tra zero (il nulla) e infinito (il tutto). Faccio notare che il problema dell’esistenza di Dio potrebbe trovare una seria spallata, e ne ho paura, dalla possibilità attuale dell’uomo di clonare animali superiori e, quindi, anche l’uomo. Ma rabbrividisco di sgomento al pensiero!

A.M.: “Dolce e iraconda”, “Grandiosa e sordida”, “Gloriosa e vile”, “Arida e romantica”, “Ribelle e noncurante: c’è un mercato/ove fu il rogo di Giordano Bruno”, “Pigra e operosa”, “Scontata e imprevedibile”, “Virtuosa e meretrice”, “Dignitosa e scurrile”, “Odiata e amata”, “Sacra e profana”, “ove l’apoteosi/ s’incontra del divino con l’umano”. Come si vive a Roma? Hai mai pensato di trasferirti in un’altra città?

Massimo Pinto: Con quella lirica ho ottenuto quello che volevo: dare l’esatta dimensione e sensazione dell’abisso di turpitudine che, anche storicamente, oltre che fisicamente, Roma presenta, che non può scalfire l’infinita e sovrumana bellezza della più grande apoteosi metaforica dell’incontro del divino con l’umano ‒ addirittura effigiata nella Cappella Sistina ‒ esistente al mondo. Si può vivere più o meno bene in tutto il mondo, però, se uno ha avuto la sorte, direi la fortuna, di nascere qua, dove peraltro spesso si sente estraniato, tanto più forte di lui è l’“aura” di questo luogo (città è riduttivo), si sentirebbe estraneo e orfano in qualunque altro posto.

A.M.: Un poeta. Un musicista. Un pittore. Un regista.

Massimo Pinto: Ti rispondo proprio di corsa, senza ripensamenti. Poeta? Oddio è una bella lotta per me tra Eugenio Montale e Vittorio Sereni, mi sento tanto affine, anche se altrettanto inferiore, ad entrambi. Diciamo “Montreni”? Musicista? George Gershwin: la musica perfetta, interprete del secolo appena trascorso (il ventesimo), ma oggi non lo è di questo (il ventunesimo). Pittore? Mino Maccari, così verista pure se espressionista, sia negli oli che nei bozzetti, che ha dipinto e disegnato dal 1916 al 1989, interpretando grandezze, meschinità e drammi del suo secolo formidabile e terribile, che è anche in prevalenza il mio. A me sembra di essere me stesso, se sapessi disegnare e dipingere. Un regista? Senza dubbio un’altra dicotomia: Ettore Scola e Dino Risi. Mi dispiace ma non riesco a far prevalere l’uno sull’altro: Il primo più dolente e problematico, il secondo apparentemente, ma solo apparentemente, più “leggero”. Due geni, due facce di un’anima sola, la vogliamo chiamare “Scrisi”?

A.M.: Hai in programma delle presentazioni di “Cento farfalle e… più”? Se sì, in quale città?

Massimo Pinto: Certo, ci sarà una prima presentazione ufficiale a Roma, la data precisa non è ancora stata fissata ma posso anticipare che sarà per il mese di marzo. Seguiranno, poi, presentazioni in altre città italiane.

A.M.: Salutaci con una citazione…

Massimo Pinto: Non posso che ripetere quella che ho riportato alla fine del mio libro di poesie, attribuita alla buona, libera e grande Alda Merini: “Non cercate di prendere i poeti perché vi scapperanno tra le dita”. Perché senza la follia, che sia poca o molta, non c’è poesia.

A.M.: Massimo mi hai donato una bellissima chiusura con Alda Merini. Ti ringrazio per la sincerità delle tue risposte nelle quali si nota l’uomo e l’artista in un unicum indissolubile. Ti saluto con le parole dell’amatissimo Plotino: “Bisogna, però, spiegare la portata della purificazione, in maniera tale da chiarire con chi avviene l’assimilazione e con quale Dio l’identificazione. […] È probabile che, una volta liberatasi dal corpo, l’Anima converga in se stessa, per così dire, con tutte le sue parti, e in questo stato si estranei da ogni passione, accettando solo quelle sensazioni piacevoli che sono strettamente necessarie e hanno un valore terapeutico nel rintuzzare gli affanni, e nell’evitarne le angustie.

Written by Alessia Mocci

Info
Sito Bastogi Libri
http://www.bastogilibri.it/
Acquista “Cento Farfalle e… più”
https://www.lafeltrinelli.it/libri/pinto-massimo/cento-farfalle-e-piu/9788894894417
massi.pinto@tiscali.it

Fonte
http://oubliettemagazine.com/2018/02/12/intervista-di-alessia-mocci-a-massimo-pinto-vi-presentiamo-la-silloge-poetica-cento-farfalle-e-piu/

OBIETTIVO PESO-FORMA: talmente semplice che chiunque può riuscirci

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