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Addio Celibato

Se vuoi passare un addio al celibato o un compleanno originale, prova i giochi di La Mosca Games. A te e ai tuoi amici verrà consegnato un cellulare GPS per rilevare la posizione dei giocatori e trasformare la propria avventura in un film poliziesco.

vita da poveri

Ci si alza col buio, dopo aver dormito su un materasso semiortopedico ormai quasi sfondato e macchiato in varie parti. Il padre e la madre devono un caffè di corsa e poi il padre esce. La figlia bolle il latte per il piccolo che ingurgita nel frattempo cinque brioscine prima di bere il primo sorso.
La madre è andata nelle camere da letto e ha rifatto i letti. Poi veste il piccolo e urla che si è fatto tardi. Il piccolo fa i capricci e non vuole andare, non gli piace la scuola. La madre lo porta a scuola. La figlia si veste e parla al cellulare con le compagne di classe. Il citofono suona e la figlia scende e va a scuola con una compagna.
La madre torna dalla scuola, dopo aver lasciato il piccolo, che scalciava e urlava contro di lei e la maestra. Sparecchia la tavola e pulisce i piatti. Spolvera e pulisce la casa. Affaccia al balcone e parla con la vicina di casa.
La figlia , a scuola, confessa all’amica di esser stata col salumiere del supermercato, sposato e con figli, che le ha regalato un cellulare bellissimo. La compagna l’ammira e dice che dovrebbe trovarsi anche lei un fidanzato ricco. Durante la ricreazione la madre la chiama al telefono chiedendole di passare dal panificio prima di tornare a casa perché manca il pane. La figlia dice che non può. La madre urla.
La madre ha finito di parlare con la vicina della sua soap preferita, inizia a cucinare. Il piccolo torna a casa. Il piccolo apre il frigo, beve una coca cola e mangia un gelato. La figlia torna a casa. La figlia apre il frigo e beve una coca cola e mangia uno yogurt.
La madre apparecchia e si siedono a tavola. Il piccolo vuole altra pasta col sugo e altre patatine fritte. La figlia non vuole né pasta né patatine, è a dieta. La madre urla che deve mangiare. La figlia urla che se ingrassa non troverà nessuno che la voglia sposare. La figlia va in camera. Il piccolo ha mangiato anche la porzione della sorella.
La madre sparecchia e pulisce i piatti e la cucina. Il piccolo si siede davanti la tv e guarda i cartoni animati. La figlia è in camera e si sfoga al telefono con l’amica. La figlia apre lo zainetto e tira fuori degli snack comprati la mattina mentre va a scuola. Il cioccolato le calma il rancore verso la madre.
La madre, finite le pulizie, si siede nel divano e guarda la tv. Il piccolo va in camera e gioca col cellulare di mamma.
Nel pomeriggio torna il padre affamato e stanco. La madre apparecchia di nuovo. Riempie il piatto di pasta e poi gli dà le patatine. Il padre mangia e chiede altre patatine. La madre dice che le ha finite il figlio. Il padre urla. La madre frigge dei wurstel e glieli dà. Il padre si alza e va in camera da letto dove si cambia. La madre prepara due panini e li dà ai figli. Poi sparecchia e pulisce i piatti.Lei non mangia per cena, è a dieta. Il padre fa la doccia e poi si siede sul divano e guarda la tv.
Il piccolo si siede accanto al padre e scherza con lui. La figlia abbraccia il padre e gli fa vedere il nuovo cellulare, dicendo che glielo ha regalato una sua compagna di classe ricca. Il padre lo ammira e prova i giochini che ci sono. Il piccolo si avvicina a lui, è curioso. Suonano alla porta. Sono i vicini di casa. Entrano. La madre offre un caffè. I padri guardano la tv e devono il caffè. Il piccolo guarda la tv. Le madri chiacchierano,bevono il caffè e mangiano dei pasticcini. La figlia è in camera e parla al cellulare con il suo fidanzato segreto.

le parole

Pochi sono coloro che trovano conforto, compagnia, gioia,ispirazione,serenità…nelle parole. Intendo nelle parole altrui, per lo più scritte,perché quelle scritte sono meno volatili.
Spesso infatti siamo circondati da persone, di famiglia e non,che pur standoci vivine non riescono a capire i nostri dolori, i nostri bisogni, i nostri tentativi di vita e quindi il rifugio nelle di vita altrui è così dolce e quasi necessario. Avviene così che nelle parole scritte, sulle pagine di un libro o sugli spazi di un sito, noi troviamo ciò di cui abbiamo più bisogno e questo ci dà una sensazione di comunione infinita e di espansione interiore.
La qual cosa ci pare alquanto strana soprattutto quando si tratta di autori defunti da secoli, i quali in ciò che hanno scritto o detto pare ci conoscano meglio di chi vive con noi ogni giorno. Nei loro sentimenti, nei loro turbamenti noi troviamo i nostri e questo ci rincuora e ci dà quel respiro che avevamo perso .
Specialmente durante la giovinezza se si incontra un libro, se si ha questa fortuna di un tale evento, in cui noi troviamo giovamento e sollievo ai turbamenti della crescita, ecco che esso ci accompagnerà per il resto della nostra vita come un fedele amico che ci ha dato una mano proprio quando ne avevamo bisogno. A quell’età infatti valgono molto di più le parole di un libro o di una canzone che quelle dei genitori, i quali spesso tentano in tutti i modi di distruggere i sogni dei figli e di indirizzarli verso la strada della realtà, invano.
E pare cosa bizzarra che un ragazzo rimanga istruito più da Hesse piuttosto che da suo padre, oppure che una ragazza venga consolata da una Austen piuttosto che dalla madre. Questo evento adesso forse avviene per le pagine di qualche blog, in cui ragazzi e ragazze trovano se stessi e i loro problemi,pagine non più scritte da scrittori ormai defunti ma da persone in carne e ossa, con cui possono anche comunicare e da cui possono ricevere consigli o ammonimenti.
Quindi, che le parole siano scritte sulle pagine di un vecchio libro o che vengano fuori dai pixel dello schermo del pc, la scrittura fortunatamente serve ancora a molte persone e coloro che credevano che il futuro sarebbe stato soppiantato dalle immagini e dalla tecnologia visiva devono constatare che di parole nel mondo ne girano ancora parecchie ed esse sono ancora utili e piacevoli.

la capanna

Ogni uomo necessita di un rifugio. Si è passati dalla caverna alla capanna di paglia, dalla capanna di paglia a quella di legno, dalla capanna di legno a quella di mattoni di fango, dalla capanna di mattoni di fango alla casa di mattoni e cemento, dalla casa stupida alla casa intelligente.
Dentro una capanna ci stavano dei giacigli, qualche ciotola per mangiare, delle pelli per coprirsi, degli arnesi per cacciare. Avete presente le capanne di qualche documentario africano che ogni tanto ancora si vede in tv? Ecco, più o meno quella, anche se oggi pure gli indigeni portano i jeans.
Guardate la vostra casa adesso. Che differenza c’è tra la vostra casa e quella capanna che ho descritto prima? E’ pur sempre un rifugio ma c’è molta differenza tra le due abitazioni.
Quanti degli oggetti che avete a casa, dentro i mobili, sui mobili, appesi alle pareti, sparsi per terra, quanti di questi vi sono utili a qualcosa e quanti sono quelli che vengono usati raramente o che non usate mai?
Certe volte in qualche film, di quelli ambientati in Alaska, si vede la casa di un cacciatore: unica stanza, un letto, un tavolo, una sedia, una piccola cucina, qualche libro,una giacca appesa, gli stivali vicino al letto,una bottiglia sul tavolo, un secchio vicino la cucina, cartucce per il fucile. Tutto qui.
Non vi pare strano che un uomo possa vivere in una casa con queste poche cose?
Credo che in qualche reality abbiano fatto questo esperimento, cioè quello di vedere se degli uomini possono vivere lo stesso senza tutte le cose a cui sono abituati e di cui fanno largo uso nella loro vita quotidiana. Solo pochi hanno retto all’esperimento. E pensate se fossero davvero rimasti su di un’isola per anni davvero, senza cellulari, senza computer, senza microonde, senza webcam,…
Una volta l’uomo pensava all’utilità delle cose e cercava di costruirsele da solo, utilizzando i materiali che trovava nei boschi o nel luogo dove viveva. Se non c’erano alberi faceva la capanna di paglia, se non c’era la paglia la faceva col fango o con gli escrementi di animali, oppure faceva una tenda con la pelle degli animali.
Qual è stata l’ultima cosa che avete costruito con le vostre mani? Era una cosa utile a qualcosa o puramente estetica? E quante cose comprate utili o puramente estetiche?
Basta entrare in un grande magazzino e riempire il carrello, che bella sensazione vero? E chi ha la carta di credito con più di qualcosa dentro non bada proprio a ciò che prende ma il piacere di comprare è sublime no?
Prima era “costruire”, adesso è “comprare”il verbo che usiamo di più. Quando ci incontriamo per strada o parliamo al telefono, capita in quasi tutte le conversazioni:

“ho comprato finalmente quel paio di scarpe che sognavo da una vita! “
“ho comprato un cellulare favoloso, quello col touchscreen, per due soldi! “
“ho comprato un divano comodissimo, lo pagherò solo a partire da gennaio!”
“ho comprato una macchina stupenda, consuma pochissimo!”
“ho comprato un anello favoloso, me lo vedevo al dito ogni notte!”
“ho comprato….”
“ho comprato,comprato,comprato,…..”

La crisi ha dato un arresto. La domanda nasce spontanea ogni volta che abbiamo qualcosa davati: “ne ho davvero bisogno?” Ma la maggior parte delle persone continuano a comprare, tanto c’è la finanziaria che paga. Ma chi paga la finanziaria? O le finanziarie? Perché alla prima si è unita la seconda e alla seconda la terza e alla terza la quarta e via così.
Quando avviene un terremoto o un altro evento catastrofico, alcune di queste popolazioni muoiono, altre si mettono a ricostruire le loro capanne e riprendono la vita di sempre. Se noi dovessimo perdere la nostra casa il nostro primo pensiero sarebbe “dobbiamo ricomprare tutto” non è cosi? Nè la possiamo ricostruire né possiamo ricostruire le cose che avevamo.
Io tutte le volte che guardo uno di quei documentari, che fortunatamente continuano a fare, trovo le persone più felici, con delle espressioni più rilassate, tranne ovvio nei paesi in cui c’è qualche guerra in corso, eppure, anche quelli che non hanno che una capanna e la merda da mangiare sorridono tutti.

il jolly

Io sono un jolly (termine che prendo a prestito dal libro”l’enigma del solitario”di Gaarder).
Io sono una che si chiede il perché delle cose. Io sono una scomoda, che non accetta le cose così come stanno, che cerca di farlo notare agli altri e se ne prende tutte le conseguenze.
Io sono una outsider, una fuori dal coro, una voce solista che grida nel deserto di un paese muto.
Perché “soltanto il jolly conosce la verità”.
Quando parlano del terzo occhio credo che si riferiscano a questo. Ci sono persone che riescono a vedere i meccanismi delle cose, della vita stessa, e dopo averli capiti cercano di spiegare agli altri come stanno le cose ma il più delle volte la loro voce rimane inascoltata.
Come un meccanico ho osservato il motore della vita e tutti i pezzi che la compongono, ho scoperto meccanismi vecchi e nuovi, ho scoperto scintille là dove non ci dovevano essere e vuoti dove sembrava ci fosse solo pieno.
“ma c’era di più:anche come filosofo il pater era un jolly. Affermava che vedeva
cose bizzarre cui tutti gli altri erano ciechi.”
Tutti si svegliano ogni mattina, chi presto chi tardi, però solo pochi si svegliano veramente. Sceso il primo piede giù dal letto eccoli pronti a immergersi in quella reta che si sono costruiti da soli, e che molti adesso chiamano matrix.
Le solite azioni, i soliti problemi, i soliti pensieri li riempiono non appena si avviano al bagno e iniziano la giornata di sempre.
Per il jolly è diverso perché lui è capitato in questo mondo con questo terzo occhio sempre aperto e col quale riesce a vedere fin troppe cose e troppo a fondo.
“ma non si tratta soltanto di cose che vedo. Sono cose che sento dentro. Sento di essere
una creatura traboccante di vita….una pianta straordinaria….con pelle e capelli e tutto
il resto….” (dal libro sopraccitato)
Ma quando il jolly prova a spiegare certe cose sulla vita agli altri allora lì rimane fregato. Rendere qualcuno consapevole di se stesso è la cosa più difficile che uno possa provare a fare a qualcun altro. “ora non ho tempo per queste cose”, oppure “non fare lo psicoterapeuta”,queste le scuse più banali per non scoprire ciò che c’è dietro il palcoscenico della commedia umana.
Così spesso il jolly, stancatosi della sua missione inutile per aiutare il genere umano ad aiutare se stesso, preferisce rimanere ai margini e osservare come va a finire. E’ un po’ come assistere ad un omicidio,esser presenti e lasciare che tutto avvenga senza intervenire, perché si sa che anche intervenendo l’assassino ucciderà lo stesso.
Perché le persone in realtà non vogliono sapere chi sono e come sono, dove vanno e perché fanno certe cose. No, le persone vogliono continuare a vivere così come vivono ogni giorno, altrimenti dovrebbero affrontare un cambiamento troppo radicale e non si sentono pronte, non sono mai pronte per farlo.
Io sono un jolly e non scrivo per aprire gli occhi di nessuno,né per farmi guardare negli occhi, vi dirò che non me ne frega più niente di mostrare agli altri ciò che sono. Certuni ci son rimasti secchi e nemmeno immaginavano il meccanismo segreto del loro orologio inceppato.
Ci sono troppi malati che non vogliono guarire e gli esseri umani sono diventati dei vigliacchi indissolubili. Si spaventano di se stessi, di prendere in mano la propria vita e farne qualcosa di vivo.
Io sono un jolly e dico le cose come stanno. Mi odieranno, sì, mi detesteranno,ma non mi tirerò mai indietro per nascondere la verità. Io non starò muta.

la cultura dei soldi

Chi ha detto che oggi la cultura è accessibile a tutti? Chi l’ha detto?Molti penserebbero la stessa cosa ma vi posso assicurare che le cose non stanno così.
Voi avete internet? Bene. Potete conoscere altra gente, fare ricerche, venire a conoscenza delle ultime scoperte in ogni campo, consultare le offerte di lavoro, informarvi sulle lezioni universitarie, conoscere trucchi e segreti del vostro pc, guardare video o film, scaricare le ultime novità musicali, foto, insomma potete fare un po’ di tutto.
Immaginate per un solo attimo di non avere internet. Come vi sentireste? Potreste fare le stesse cose con altri mezzi? Quali mezzi? La biblioteca forse? Io vi posso assicurare di no. Non c’è più modo di fare le stesse cose che si fanno su internet con altri mezzi. In più alcuni mezzi stanno scomparendo del tutto , proprio grazie, o a causa, di internet. Dite che è impossibile?
Provate a pensare come fareste le cose che fate ogni giorno con internet se non ce l’aveste. Vi sarebbe possibile? Siate sinceri. E se vi dicessi che ci sono ancora tantissime persone che non ce l’hanno? Centinaia, migliaia, milioni? Cosa pensereste?Vi sentireste fortunati a poterne far uso no?
Ma cosa non permette a tutte queste altre persone di fare tutte le cose che fate voi ogni giorno?
La risposta è ovvia, ma forse pochi di voi l’hanno effettivamente pensata, la risposta è : i soldi.
Questo è il progresso? La cultura dovrebbe essere accessibile a tutti. Non sto parlando di auto lussuose o di vestiti firmati, sto parlando di una fonte d’informazione, perché questo è internet, oltre a mezzo di comunicazione, per cui dovrebbe essere accessibile a tutti. Allora perché molti non ce l’hanno?
Quando è comparsa la televisione solo pochi l’hanno potuta acquistare, mentre altri non potevano fare questa spesa e ne sono rimasti all’oscuro per molti anni. Vi sembra che da allora sia cambiato qualcosa? E’ comparso internet ma ci sono ancora tantissime persone che non se lo possono permettere e son tagliati fuori. Vi sembra che cogli anni sia cambiato qualcosa, cioè da quando è comparsa la televisione?
Bisogna pagare per sapere. Non è certo una bella cosa, eppure continua ad essere così. Secondo me è una grandissima ingiustizia e una grande mancanza a cui si dovrebbe rimediare.

la tradizione dura a morire

Fin da piccola mi sono chiesta spesso il perché di tante cose. Crescendo questi perché si sono sposta dalla sfera della natura e della vita quotidiana a quella degli altri esseri umani.
Molto presto intuii che nella vita di questi altri individui c’erano certe cose nascoste, più complesse e meno chiare di ciò che appariva all’esterno. Intorno a me vedevo persone che vivevano una vita segnata già da millenni di storia e tradizioni che si trasmettevano da padre in figlio e che pareva lasciassero il mondo in uno status quo da cui non ci poteva essere evoluzione alcuna né sviluppo per un futuro diverso.
Gli stereotipi erano tanti ma moltissime persone non sanno nemmeno di rispecchiarne qualcuno. Sono totalmente ignari di aver seguito un tracciato che gli è stato segnato davanti e al quale si sono attenuti per tutta la vita, tranne quando sovviene un evento particolarmente tragico o piacevole a sconvolgere questo disegno.
Non riuscivo a capire per quale motivo tanta gente si giudicasse infelice e continuasse a condurre la vita di sempre non facendo nulla per migliorarla o per cambiare quello stato di cose per niente appagante. Lo stesso Pirandello, mio compaesano, notò quella maschera che la gente indossa ogni giorno e dietro la quale si agitano le più fervide passioni o le più oscure paure, la quale maschera rimane incollata al viso e alla vita di molte persone fino alla morte.
Poi ho scoperto che c’era la questione dell’adattamento. Queste persone si erano semplicemente adattate e conformate all’ambiente in cui erano nate e cresciute senza dubitare mai che potesse esistere un altro modo di vivere o un altro tracciato alternativo da seguire. Insomma si trattava di individui che ad un certo punto della loro vita invece di prendere in mano la loro vita e deciderne cosa farne si erano lasciate prendere dalla morsa della tradizione e avevano seguito passo passo il percorso senza mai volersene o potersene liberare.
Quei “vinti”di cui parla il Verga, siciliano anche lui, purtroppo non sono solo i poveri, i quali non possono sottrarsi alla loro misera vita, ma pure coloro che i mezzi per cambiare vita ce li hanno eppure rimangono fermi dove sono e vanno avanti vivendo come mummie prive di vita.
Il guaio è che una volta accettato un certo stato di cose come “senza uscita” si sono trovati, io faccio una supposizione, a dover per forza seguire la strada intrapresa da tutti, con la speranza di non avere sorprese lungo la via.
Anche quelli che da giovani hanno fatto fuoco e fiamme si sono piegati poi alle regole della tradizione che li voleva ammogliati,impiegati e piegati al dovere e alla famiglia. Eppure erano stati delle menti fervide e non mancavano certo d’intelligenza e neanche di mezzi economici per scegliere una diversa condizione di vita.
Certo alcuni sono riusciti ad andar via da questo gregge, fortunatamente per loro, e altrove hanno trovato uno stile di vita più autentico e privo di tutti quei tabù e dogmi assurdi che li voleva rendere schiavi di un sistema stabilito e permanente.
Purtroppo questi pochi eletti che hanno tastato l’altrove di terre nuove e più sane, tornando non sono riusciti a far cambiare idea a nessuno dei loro amici o conoscenti prigionieri ancora di una tradizione di secoli che li comanda come pecore stupide.
Allo stesso tempo capii che in fondo quelli che avevano scelto la strada di sempre lo avevano fatto per un bisogno di sicurezza e di stabilità che solo la tradizione pare dia, o faccia parere di avere. Infatti se si discute con tali persone nessuna di loro è contenta dello stato di cose in cui vive eppure una volta chiusa la porta di casa si sentono al sicuro e contenti di aver fatto la scelta giusta, anche se dentro di loro sanno che non sono che dei morti che fanno finta di vivere.