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DIS-FACTOR

Si spengono le luci su X-Factor, ma a noi interessa provare a DIS-fare (come da piccoli smontavamo tutto ciò che ci capitava fra le mani) il programma, per capirne meglio gli intimi meccanismi.  Innanzitutto gira da anni la voce che i finalisti non siano frutto delle selezioni “ufficiali”, ma cantanti già da tempo sotto la pelosa mano della major discografica. Il lancio televisivo attraverso i noti format è oggi la strategia ufficiale per mandare in orbita i giovani cantanti, sperando che almeno qualcuno si salvi dalla forza centrifuga che poi, inevitabilmente, scaraventa quasi tutti nel buco nero dell’oblio.  Sarebbe bello ascoltare le sensazioni di chi ha partecipato alle selezioni.  Quante volte in questi anni è stata pronunciata l’affermazione “Ha una voce che in Italia non esiste, (oppure) non c’è ancora”.  Ne potremo parlare fra una decina d’anni.  La voce non basta; serve un corredo di canzoni che vestano quella voce, la persona (in senso globale) dell’interprete... in modo autentico e coerente, possibilmente.  Chi riesce a passare in una siffatta cruna dell’ago?  Basta con le generalizzazioni, passiamo ai protagonisti.  Stefano. Il carico di umanità sofferente che ha trascinato sul palco  ha coinvolto emotivamente tutti. Ma, onestamente, la sua vocalità è  parsa decisamente fragile: l’intonazione spesso precaria, il timbro forzato, poco naturale, hanno prodotto interpretazioni che forse non meritavano di arrivare così avanti.  Come spesso accade in queste circostanze, il rischio è  quello di applicare una discriminazione a rovescio, con l’ulteriore aggravante di creare aspettative non commisurate alle potenzialità. Merita comunque un sincero augurio di ogni bene. Nevruz. Quanto incide l’immagine nel successo di una pop-star? Dubbio amletico, ma certamente siamo vicini al “tantissimo”. Certamente l’eccesso può trasformare una buona idea in un’improbabile caricatura.  Da risentire con un progetto originale ed adeguato al personaggio e relativa verve interpretativa. Davide. Grandi potenzialità, ma forse ha mirato troppo a “maturare” sia il timbro che le scelte interpretative. Il ragazzo non può che essere acerbo, anche e soprattutto nella vocalità. Quanto sono insopportabili i bambini che scimmiottano la vociona dei grandi. E Davide è poco più di un bambino . Nathalie. Vittoria meritata. Voce duttile, intonata e tanto intensa nell’interpretazione artistica quanto timida e dal fascino acqua e sapone giù dal palco. Anche per lei aspettiamo una produzione discografica adeguata che ne valorizzi appieno le potenzialità.  Apriamo il dibattito.
Pier Vigolini